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La Farmacia degli Incurabili
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E’ uno dei luoghi più suggestivi di Napoli dove la scienza ha incontrato l’arte. Si tratta della storica Farmacia degli Incurabili, la parte meglio conservata del “Complesso degli Incurabili”, situato nel centro storico della città, non lontano dal decumano superiore (ora via dell’Anticaglia). In stile barocco-rococò, anticamente era un laboratorio del farmaco e punto di ritrovo dell’elìte dell’illuminismo napoletano. Chiusa in seguito al terremoto del 1980, è stata restaurata e riaperta alle visite solo nel 2012. La storia della farmacia non può prescindere da quella dell’Ospedale degli Incurabili (in origine chiamato “Santa Casa degli Incurabili”) costruito, tra il 1520 e il 1522, con tanto di chiesa annessa, per volontà della nobildonna catalana Maria Longo. Dopo essere guarita da una forma di artrite reumatoide giovanile che l’aveva paralizzata, la nobildonna volle tener fede a un voto fatto quando era malata fondando un ospedale per la cura di ammalati di sifilide rifiutati dagli altri nosocomi. Dopo qualche anno dalla sua costruzione la Longo divenne monaca di clausura fondando l’ordine delle Trentatrè (il numero fa riferimento agli anni di Cristo e al numero massimo che poteva ospitare il convento). Le prime consorelle furono alcune prostitute convertite che, ammalate di sifilide, erano state curate presso l’ospedale (per questo motivo il monastero era anche detto “delle Convertite”). In poco tempo il nosocomio divenne uno dei più importanti di tutto il Regno di Napoli.
Oggi l’ospedale è ancora in attività: si tratta dell’unico al mondo ancora in funzione dopo 500 anni, e anche l’unico dove hanno lavorato ben 33 medici poi santificati, tra cui san Gaetano Thiene e san Giuseppe Moscati. La sua splendida farmacia deriva da una prima ristrutturazione del complesso svolta nel Seicento grazie a numerose donazioni di privati che poi, nel Settecento, culminò nella ristrutturazione dell’antica spezieria cinquecentesca con la realizzazione della farmacia ad opera di Domenico Antonio Vaccaro. Essa, rimasta quasi del tutto intatta, è composta da due sale (il laboratorio e la sala di rappresentanza) con l'originaria scaffalatura in noce intagliato, sulla quale, sono presenti circa 400 preziosi vasi in maiolica dell'epoca, realizzati da Donato Massa (lo stesso artista che ha decorato il chiostro maiolicato di Santa Chiara). Il pavimento in cotto maiolicato è, invece, attribuibile a Giuseppe Massa. Sulle pareti è esposta una vasta raccolta di albarelli e idrie: tipici contenitori da farmacia, decorati a chiaroscuro turchino. Sul soffitto del salone di rappresentanza, infine, vi è la grande tela di Pietro Bardellino del 1750: “Macaone che cura un guerriero ferito”. Nell’ambiente retrostante alla controspeziera è collocata una grande urna marmorea, realizzata da Crescenzio Trinchese, contenente la panacea di ogni male: la Teriaca o Triaca. Questo farmaco ebbe una grossa diffusione tra il Medioevo e il Rinascimento: conteneva, tra le altre cose, oppio, carne e pelle di vipera. Considerata una bevanda sacra, a cavallo tra scienza e magia, sembrava traesse origine direttamente dall’elisir di lunga vita. Le preparazioni più famose erano quelle di Venezia e di Napoli, probabilmente perché Cipro, possedimento di Venezia, e Malta, possedimento del Regno di Napoli, consentivano una facile raccolta di ofidi. La Farmacia, in poco tempo, divenne un centro di eccellenza sia per la ricerca che per la produzione di erbe. Il farmaco chimico divenne una conquista eccezionale per la medicina dell’epoca, grazie al quale il medico poteva, finalmente, iniziare a contrastare le malattie che indagava. Fu proprio il farmaco, in epoca preantibiotica, a segnare il passaggio dalla medicina fideistica e teurgica, che si affidava soprattutto alla preghiera, all’ospedale moderno, inteso come luogo di cura e non più come semplice ospizio.
La Farmacia è affiancata dalla Quadreria dell’ospedale, da poco rinnovata, e dal Museo delle Arti Sanitarie, voluto dal primario chirurgo Gennaro Rispoli, che ripercorre la storia della medicina a Napoli dal 1600 a San Giuseppe Moscati. Il Museo delle Arti Sanitarie accoglie il pubblico negli ambienti dell’ex-monastero delle Convertite, nel nucleo più antico del Complesso degli Incurabili. Qui sono disposti tematicamente vecchi ferri chirurgici, farmacie portatili, antichi strumenti medici, stampe anatomiche e libri: oltre cento pezzi esposti nelle prime due sale del Museo illustrano le pratiche operatorie di un tempo e le straordinarie vicende dell’Ospedale dove sono nate le specialità mediche e le discipline sanitarie.
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