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Percorsi turistici e culturali città di Maddaloni (ce)
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Chiesa di S. Alfonso Maria De' Liguori
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Il fondatore: Don Giovanni Iadevaia
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Don Giovanni Iadevaia nasce a Maddaloni il 7 marzo del 1887 da Giuseppe e Teresa del monaco, seguirà tutte le tappe del quadriennio teologico per accedere al sacerdozio. I primi passi da sacerdote saranno nella Parrocchia di S. Margherita dal settembre del 1910 a tutto il 1912, coadiuvando il suo Parroco Can. Don Ferdinando della Valle, e maturando l’idea di costruire una nuova chiesa quanto mai richiesta dalla popolazione. La scelta per l’esecuzione del progetto della chiesa di S. Alfonso e la direzione dei lavori cadde sul maturo ingegnere Gaetano De Lillo che all’epoca aveva 47 anni, nato e residente in Caserta. Il De Lillo scelse di edificare l’edificio sacro secondo uno stile gradito al committente ed ancor più a tutta la popolazione. Si era in un periodo culturale che accoglieva ancora le istanze del tardo eclettismo europeo che in Italia, e in particolare a Caserta e i dintorni, era predominante proprio in quegli anni e di cui si hanno diverse testimonianze. Nella prima stesura progettuale e precisamente nella visione prospettica, la chiesa di S. Alfonso è molto vicina alla Cattedrale di Caserta Vecchia, specialmente nel riproporre le archeggiature di coronamento lungo il timpano e le mura laterali nelle articolazione volumetrica e nella forma del tiburio sulla croce. Da una sintetica contabilità, datata 6 novembre 1912, che precede lo S. di avanzamento ed indirizzata al Dott. Giovanni Nuzzi, veniamo a conoscere alcuni dati tecnici della costruzione come la profondità dello scavo di formazione di metri 8,60 , la quantità di muratura in fondazioni, la forma sopra terra, la muratura al piano terra; il tutto per pagare l’imprenditore Michele Corbo il 6 novembre del 1912. Il De Lillo morirà nella sua casa in Corso Umberto 127 in Caserta, il 26 maggio 1926 alle ore 23:30 lasciando vedova la moglie Maria Massa. Successivamente nel 1936 l’ingegnere del Monaco fu incaricato dal Parroco Zazza D’Aulisio di redigere il progetto con relativa direzione dei lavori per il completamento degli stucchi all’interno della chiesa.
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Descrizione della Chiesa
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La facciata della chiesa, di gusto romanico, ha tre ingressi. Infatti è articolata a tre livelli diversi definiti “a frontone”, dove sotto i cornicioni di coronamento sono delineate le archeggiature tipiche del romanico. Al posto del cosiddetto “rosone” vi sono tre stette monofore ispirate al disegno della facciata della Basilica di San Michele di Pavia. I tre ingressi , corrispondenti alle vanate interne, sono sormontati da lunette dipinte e modellate secondo schemi ornamentali medioevali, tant’è, agli estremi sono poste su mensolette sporgenti delle piccole fiere fantastiche. A coronamento del timpano è collocato un pannello quadrato sorretto da mensolette , con un orologio sormontato da una piccola campana sostenuta da una struttura metallica; il tutto per volere del popolo “trovandosi questi in un rione completamente distaccato dal centro e privo da ogni comunità”. L’orologio fu realizzato dalla ditta di Domenico De Vita di Napoli, previo sopraluogo di un perito che ispezionò il vano sottotetto ove alloggiare il meccanismo dell’orologio. Lo spazio risultò angusto e pertanto fu necessario studiare un idoneo sistema per far scendere i contrappesi. Il costo del solo orologio fu di lire 7000 e inaugurato il 21 dicembre 1924 dal Vescovo Mons. Gabriele Moriondo alle ore 15.45. Due anni dopo si completò l’intera facciata e in particolare le porte che subirono un laborioso intervento da parte di fabbri, imbianchini, scalpellini e marmorari. In particolare ci riferiamo alle porte in ferro del fabbro Domenico Mazzarella di Caserta, porte che poggiano su blocchi di pietra di Bellona lavorate dallo scalpellino Angelo Bove; la messa in opera fu della ditta Luigi Desiato, e l’ attintatura di Alfredo Lamanna. Parte dei lavori di decorazione fatti al prospetto della chiesa “cioè torretta dove è situato l’orologio con relatico cornicione” furono eseguiti dal decoratore Vincenzo Costa nel 1924. Invece i lavori di stucco verranno completati soltanto nel dicembre del 1939 dallo stuccatore Michele Falce di Caserta, in contemporanea con i dipinti delle 3 lunette al di sopra delle porte che raffigurano il Santo al centro. Al di sopra dell’Ingresso centrale e nelle lunette minori, simboli sacri con tralci vegetali su fonti dorate, eseguite dall’artista Luigi Taglialatela; opere realizzate dopo l’intera decorazione dell’interno nel 1938. Il campanile è parte integrante della struttura della chiesa e si erge a partire al secondo livello della canonica dopo il transetto del lato sinistro ed è servito da una scala a piata semicircolare. All’esterno sulla parte terminale , esso si presenta a forma ottagonale sormontato da un lanternino di egual disegno, e si eleva fino a 24 metri dal livello sagrato. Conosciamo i tempi della sua costruzione che in linea di massima ebbero a concludersi nel 1921, dopo circa un anno di lavoro. Al pari di altri lavori eseguiti nel cantiere nella Chiesa di S. Alfonso fu sempre Desiato la ditta esecutrice subentrata all’impresa Corbo. La Chiesa , nel suo impianto architettonico si presenta a tre navate con impianto basilicare a croce latina, con transetto, crociera ed absidi poligonali (metà ottagono). La crociera costruita tra il 1913 ed il 1915,poggia su quattro pilastri pseudo-cruciformi (pilatro più colonna addossata). Lo spazio interno tra le navate è diviso da otto colonne sormontate da archi, i cui fusti furono realizzati tra il 1918 ed il 1919 in pietra di Bellona con capitelli in cemento. Questi in numeri di otto di disegno diverso l’ uno dall’altrp sono opera dello scultore Luigi Costa di Caserta , e dello scalpellino maddalonese Angelo Bove che modellò le basi e i fusti delle colonne per lire 9800; ambedue atefici principali di tutti i modellati all’interno della nostra chiesa. Dall’ingresso principale attraversiamo la controporta in legno di tek questa fu realizzata nel 1975 da Aniello Tagliafierro ed eseguita nel laboratorio di falagnameria del “Villaggio dei Ragazzi” su concessione del Rev. Don Salvatore D’Angelo. Le due acquasantiere di marmo che si notano a destra e a sinistra entrando in chiesa, ed il battistero posto nella navata sinistra furono realizzate dal marmoraro Luigi Palmieri di Napoli nel dicembre del 1927, che mise in opera il pavimento delle tre navate, inserendo, al centro di quella maggiore, lo stemma del Santo composto da un leone rampante sormontato dal capello vescovile e in basso l’anno di esecuzione. La navata centrale è coperta da un soffitto piano decorato dall’artista Luigi Tagliafierro raffigurante la gloria di Sant’ Alfonso, eseguito nel 1938 insieme a tutte le pitture ad affresco della chiesa, e cioè al catino absidale, alla crociera, all’esterno, e le tre lunette sopra le porte d’ingresso il costo complessivo fu di lire 16000. In particolare la decorazione del soffitto della navata centra le è suddivisa in tre parti; due con disegni geometrizzanti in spazi rettangolari ed il terzo, dimensionalmente maggiore incornicia il grande dipinto della Gloria in cielo di Sant’Alfonso. Questo è visivamente raccontato: in basso su di una nuvola scura vi sono: a destra due personaggi con in mano i serpenti che rappresentano gli eretici; al centro in basso una figura femminile con l’ancora che interpretiamo essere la Salvezza, ed in asse, al di sopra, la Fede vestita di bianco, leggermente velata, con la fiaccola accesa; di fianco è la Madonna con il Bambino San Giovannino ed un Angelo. Una schiera di Angeli porta in cielo il Santo che è preceduto da quattro angeli che suonano le trombe di gloria verso il Padre Eterno. I soffitti delle navate laterali sono decorate con motivi geometrici realizzate da semplici cornici mistilinee bianche che emergono da fondali colorati.All’ ingresso , sulle pareti delle navate laterali le lapidi raccontano in sintesi la storia della chiesa; quella a destra datata 1933, quella di sinistra 1938. Nella navata di destra, in successione, vi è un crocefisso ligneo, un cofessionale e una bacheca con la statua dell’Addolorata. Il crocifisso ligneo del XVIII sec., fu donato dal Canonico Pasquale Romeo, si presenta oggi con cattive ridipinture di colore nero. Un buon restauro lo riporterebbe al manufatto originale.Nel transetto destro vi è l’altare di stucco realizzato dal Costa tra la fine del 1924 e i primi mesi dell’anno successivo. Sulla sommità, nella nicchia posta sull’altare, vi è la Statua dell’Immacolata Concezione di cartone romano, realizzata su commissione di Don Giovanni, il farmacista Don Michele. L’altare presenta un disegno che ritroviamo in tutti gli altari della chiesa; è una composizione a doppia partitira orizzontale, a scaletta, che ne accentua il verticalismo. Le fasce sono decorate a bassorilievo circondate da piccole archeggiature che ripetono il motivo della cona dell’altare maggiore. All’interno dei singoli archetti sono modellati dei gigli nell’altare dell’Immacolata e delle teste di cherubini e palmette in quello della crocifissione. La zona inferiore , al di sotto della mensa, sono motivi decorativi romanici, la nicchia sovrastante è fiancheggiata da doppie file di colonnine che sostengono il coronamento “a timpano”. La mensa come l’altare della cappella di fronte , è sostenuta da quattro basse colonne “tuscaniche”. Nella cappella, a destra dell’altare descritto in una nicchietta è posta la statua del Bambino di Passione che preconizza il suo sacrificio sulla croce. Alta 1 metro , è realizzata in cartone romano. Il Bambino ha la mano destra alzata in atto di benedizione mente nella mano sinistra tiene la Croce; la statua, donata da Clemente De Rosa nel 1923 veniva portata in processione nel giorno dell’epifania. Sempre nella stessa cappella si trova un armonium del secolo XIX, venduto dal Sac. Ruggiero Raffaele di Sant’Agata de Goti a Iadevaia al costo di lire 290. Segue la statua dedicata a S. Rocco. Essa fu donata dalla famiglia Merola nel 1943 unitamente alla statua di S. Gerardo che pensiamo acquistate presso l’Arte Sacra di Roma. Il Santo (Rocco), come nella iconografia tradizionale, è rappresentato giovane, con corta barba e capelli riccioluti, in costume da pellegrino, due conchiglie su petto, fiasco,borsa e nell’atto di indicare la piaga della gamba sinistra. Indossa una veste di colore marrone e al lato ha un cane con un pezzo di pane in bocca. Sul lato sinistro, sempre in una nicchia, è posta la statua in gesso di Santa Rita della famiglia Merola. L’altare della cappella del transetto sinistro è simile al quello del transetto destro. Vi è posto il gruppo statuario del Calvario commissionato a devozione di alcuni fedeli, Vincenzo Vinciguerra, Clemente De Rosa , Anna Senneca, nonché dello stesso Don Giovanni Iadevaia. La scultura, in cartapesta, è composta da 4 personaggi: il Cristo in Croce, l’Addolorata, San Giovanni, e ai piedi , inginocchiata la Maddalena. Nella nicchia di destra vi è la statua di Sant’Antonio, eseguita dallo scultore Antonio Elmino di Napoli nel 1945. La statua alta m. 1.75, fu commissionata allo scultore napoletano da alcuni fedeli. Il Santo indossa il saio dell’ordine francescano e sorregge il Bambino Gesù in atto di benedire. La statua modellata nella cartapesta, ha uno stile proprio che la caratterizza. Segue la statua di San Giuseppe a devozione della famiglia Iadevaia e Merola. Questa fu realizzata nel 1947 dallo scultore Sarcone,e rappresenta il Santo in atteggiamento paterno, con la testa reclina verso il Bambino Gesù che regge un piccolo globo con croce. Nella cappella trovasi anche una statua che oggi rappresenta S.Ciro. Quest’ultima ha subito nel tempo alcuni rifacimenti simbolici legati alla storia della chiesa tanto da trasformarsi da S. Alfonso a S. Ciro. Nel1922 lo scultore Costa iniziava i lavori di decorazione e la costruzione della Cona con relativa nicchia,dove doveva porsi la statua di S. Alfonzo. La cona è articolata come un portale strombato con 4 colonnine per lato, sulle quali poggiano 3 livelli diversi di archetti. L’archetto esterno,su 2 colonnine, poggiata su un bel motivo a bassorilievo d’aspirazione romanica Ai lati della cona vi sono due logge archeggiate su colonnine formando il coro. Queste poggiano si una balaustra decorata con motivi a bassorilievo intrecciati. La cona strombata, sopra descritta, si adagia su un elemento in muratura, articolato all’esterno in cinque spazi arcati su colonne, i cui fondali, in colore marmorizzato giallo, hanno al centro della croce e il giglio, mentre al di sotto di tutta la composizione, ispirata ai polittici medievali, vi è l’altare marmoreo. La copertura piana continua nella zona presbiterale, ai lati della cupola, dove il fondale centrale è di colore azzurro punteggiato da stelle dorate. Lo stesso disegno è sul soffitto è sul soffitto che precede il catino absidale, variato però da una gran croce dorata che si allunga su due dimensioni del soffitto. La cupola interamente dipinta da Taglialatela con motivi d’ispirazione romanici, ha i suoi pennacchi angolari raffiguranti i quattro evangelisti, Giovanni, Luca, Marco, Matteo, che emergono da un fondo dorato con la loro corporea volumetria. Alla base i rispettivi simboli: l’aquila, il toto, il leone, l’angelo. Al di sopra del tamburo, anch’esso dipinto con archeggiature intrecciate bianche su fondali dorati, ispirate nella forma al Duomo di Caserta Vecchia, si erge la cupola dipinta in azzurro con manto di stelle, divisa in otto spicchi da finti costoloni. Al centro, quattro cherubini circondano una stella ad otto punte. Copre lo spazio absidale una calotta poligonale suddivisa pittoricamente in 5 spazi dal Taglialatela. Al centro, seconda una iconografia medievale, è raffigurato il Padre Eterno benedicente con la mano destra, con il globo nella sinistra, ed il simbolo della triade dietro la nuca, seduto su di una nuvola con due angeli incensieri inginocchiati ai lati; ai piedi, all’interno di lunette fittizie, le pecorelle brucanti l’erba che emergono da un fondale dipinto a finto mosaico dorato. A conclusione la composizione e la colomba che rappresenta lo Spirito Santo. Questa è posta al centro in alto in un ventaglio bianco e dorato. L’Altare maggiore, la cui mensa è sostenuta da un pezzo ad arco goticizzante su due piccole colonne basse, ha il ciborio con quattro colonne di marmi variamente colorati e modanature architettoniche in marco bianco di Carrara e fu consacrato nel 1934 dal Vescovo Gabriele Moriondo . Nella nicchia della cona è posta l’antica statua di Sant’Alfonso del XIX secolo di autore ignoto. La scultura si presenta vestita con abito vescovile, pastorale e mitra. Una reliquia donata dal provinciale dei Padri Liguorini, un tempo posta ai piedi del Santo, è conservata oggi a parte dal Parroco. Accanto all’altare maggiore, a destra di chi guarda, vi è l’altare dedicato alla Vergine di Pompei. Il gruppo statuario della Vergine di Pompei, posto sull’altare della famiglia Brancaccio, fu commissionato da Canonico Antonio Zaza D’Ausilio nel 1937 insieme alla statua del Sacro Cuore di Gesù. Sembra assurdo ma non fu realizzata la pavimentazione in marmo dello spazio presbiteriale che ancora oggi è come in origine in mattonelle grigie di cm 20x20. Oggi secondo le direttive del Vaticano I, vi è un nuovo altare in legno di mogano, posto davanti a quello marmoreo in modo che l’arredo presbitariale rispetti l’attuale liturgia. Dall’anno 1999 in poi sono stati eseguiti sempre lavori di restauro e manutenzione tanto che oggi possiamo fruire della nostra chiesa in tutta la sua forma armoniosa.
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Le notizie riportate sono tratte dal volume
UNA CHIESA DA RICORDARE SANT'ALFONSO MARIA DE' LIGUORI
M.R. Rienzo
G.Sarnella Palmese
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Le Foto riportate sono in parte tratte dal volume sopra citato e in parte a cura dell' Associazione L'Albero della Vita
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